02_Libri

SCHEDA 1

in collaborazione con Michele Astone e Sara Ferrara

Proietti T. , Ordine e proporzione. Dom Hans van der Laan e l’espressività dello Spazio Architettonico.  DIAP PRINT/DOTTORATO 1, Quodlibet  Editore, Macerata, 2015.

COMMENTO

Il monaco benedettino Dom Hans van der Laan, partendo dalla contrapposizione tra l’illimitatezza della natura ed il limitato intelletto umano, mira a ristabilire il ruolo centrale di ordine e proporzione nel progetto architettonico; questi ultimi rispondono al bisogno dell’uomo di comprendere razionalmente lo spazio nelle sue qualità formali e quantità dimensionali e, per tal motivo, non assumono un valore persuasivo/simbolico, ma prettamente percettivo/cognitivo.
La visione dell’architettura di van der Laan ha origine dai tre concetti di “natura, cultura e liturgia” che scandiscono le fasi della sua vita; da questa triade ne fa scaturire altre due che costituiscono l’essenza dell’individuo – materia, intelligenza e fede – e le sue modalità di comunicare – guardare, pensare e pregare. La teoria del Numero Plastico, ossia il sistema proporzionale basato su “tipi di grandezze” che il monaco pone alla base dell’atto progettuale, deriva proprio da queste terne e si propone come strumento oggettivo di discretizzazione e comprensione della realtà visibile.
Un’architettura assoluta, “senza tempo”, fatta di forme geometriche pure e proporzioni ben precise che guidano l’esperienza ed i movimenti del fruitore nello spazio architettonico, offre come principale contributo quello di liberare l’indagine conoscitiva dello spazio da una pura categorizzazione formale, restituendo all’uomo il compito di definire l’habitat che lo circonda. È  solo attraverso lo studio dei rituali che, come espresso nel concetto della “grande analogia” tra Essere Umano ed Entità Creatrice, l’individuo può dar vita ad un microcosmo nel quale riesce a rispecchiarsi.

CITAZIONI

  • “L’architettura, sintetizzata nella forma della casa, esiste nel momento in cui lo spazio limitato umano si distingue dallo spazio illimitato della natura guadagnando un grado di intelligibilità”.
    KEYWORD: Spazio, Intelligibilità – Pag. 24
  • “All’interno del suo testo Het vormenspel der liturgie (1985), Ven de Laan offre una chiara sintesi di questo triplice percorso di ricerca. Nel trattato i tre ambiti – natura, cultura e liturgia – sono rispettivamente associati alla materia, intelligenza e fede che caratterizzavano l’essere umano e lo distinguono dalle altre creature viventi. L’uomo partecipa alle forme della natura per mezzo della sua esistenza fisica, si avvicina alle forme della cultura per mezzo del suo intelletto e infine aderisce alle forme della liturgia grazie alla sua fede. Secondo il maestro olandese, così come nella cooperazione di natura, cultura e liturgia nelle fasi dell’esistenza umana, queste forme sono inscindibili tra loro e ognuna richiede l’esistenza delle altre per poter a sua volta esistere. Tutte le forme sono di fatti legate necessariamente alla natura da cui prelevano la loro consistenza materica e dunque la loro esistenza fisica, l’intelligenza umana corona poi, per mezzo della ragione, le forme naturali portandole al grado di forme della cultura. L’attitudine alla creazione si manifesta poi in tutta la sua essenza mediante le forme della liturgia, da intendersi come ultima occasione di sintesi verso quella compiutezza e stabilità ben descritta dal maestro con il termine thematismos e resa manifesta dall’espressività dell’oggetto architettonico, intelligibile e accessibile nella sua essenza all’uomo”.
    KEYWORD: natura, cultura, liturgia, forma – Pag. 26-27
  • “L’espressività permette alla forma architettonica di elevarsi oltre il bisogno materiale da essa soddisfatto, rappresentando non solo un canale di comunicazione tra l’illimitatezza della natura e la limitatezza del genere umano, ma anche un veicolo d’interazione tra uomini appartenenti a diverse generazioni, in quanto dotati dello stesso intelletto. (…) non quindi architettura come espressione del proprio tempo, ma come patto generazionale tra gli uomini, espressione della continuità della razionalità umana sulla terra, esercitata attraverso le forme della cultura e della liturgia. I riti difatti sono i mezzi principali attraverso cui l’uomo può apprendere appieno l’espressività dei manufatti architettonici, poiché essi interagiscono in tutto e per tutto nel loro espletamento con la forma e l’estensione degli spazi.”
    KEYWORD: Riti – Pag. 88-89
  • “Si potrebbe dire che i monaci, così come i fedeli, sono guidati dalle proporzioni degli spazi architettonici nei movimenti, gesti e azioni. Le forme e norme della liturgia si fondono perciò inequivocabilmente con le forme dell’architettura.”
    KEYWORD: Movimento, liturgia, forma, proporzioni – Pag. 141

SCHEDA 2

in collaborazione con Simone Leoni e Marzia Ortolani

Tzompanakis A., Labirinti mediterranei. Tessuto, paesaggio e spazialità tra europa e periferia ellenica. Print Dottorato, Alinea Editrice, Firenze, 2012.

KEYWORDS: Mediterraneo, Grecia, spazialità, locale, globale, classicità;

COMMENTO

Il saggio mira a rintracciare il valore paradigmatico delle opere della periferia ellenica, portavoce di una specificità territoriale e culturale, rispetto alla centralità europea. Il Mediterraneo diventa non solo sfondo geografico, ma repertorio di eterogenee località che arricchiscono il territorio comune, identificando la “spazialità mediterranea” come categoria autonoma. Il rapporto centro/periferia lascia spazio, dunque, ad una concezione molto più ampia di “dimensione ibrida”, sostituendo al concetto di confine quello di frontiera che, attraverso un bordo poroso e labile, si lascia attraversare da eterogenee connessioni culturali e reciproche contaminazioni.
La reinvenzione della storia intesa come riferimento mitico é un’operazione centrale nella figura di tre autori: K. F. Schinkel, Le Corbusier e D. Pikionis. Mediterraneo è per Schinkel, come per ogni spirito romantico, un luogo letterariocui anelare per una sorta di abluzione impossibile in contrasto alla moderna barbarie. Per Le Corbusier è pur sempreluogo letterario ma perde quei valori di totalità che aveva rappresentato per Schinkel, diventando un immenso repertorio di segni. Pikionis ricerca tutto questo attraverso la frantumazione di un intero è una ri-significazione dei frammenti.
Questo triplice approccio ad una modernità critica in rapporto alla continuità storica (che da Palladio a Loos giunge ai tre soggetti della questione) si esplicita infine nei relativi tre progetti per il Partenone.
K. Frampton arriverà infine a definire negli anni Ottanta il Regionalismo Critico, in cui l’architettura moderna dalle caratteristiche universali e positive dovrà rispondere a istanze specifiche come il contesto: la topografia, la tettonica, i materiali, la dialettica fra locale e globale. 
spazio di Le Corbusier é uno spazio chiaro, della griglia razionalista, che si va progressivamente frantumando per diventare uno spazio labirintico. L’asse, da astrazione geometrica, diviene sempre più una traiettoria dell’esperienza, una dorsale narrativa. Dal repertorio di segni degli anni Venti,la frattura col Movimento Moderno si esprimerà nel volume ctonio delle Maisons Jaoul, dove la griglia isotropa diventa compressa e l’atmosfera buia, cavernosa”.
Dopo la II G.M. il clima culturale favorisce una ricerca legata ad un Nuovo Monumentalismo e all’identità come fatto collettivo, quindi dalla grande scala alla comunità (recettore attivo e partecipativo), da Le Corbusier al Team X. Nella ricerca europea assistiamo ad una oscillazione tra paesaggio e campo, dove il primo diventa campo quando l’architettura recupera significati spaziali storici o periferici; nella specificità ellenica il paesaggio viene percepito come matrice di percorso, come stratigrafia analoga. I valori tradizionali vengono assimilati nel paesaggio, nella topografia e nei materiali. 

CITAZIONI

  • “Attraverso questa simultaneità tra località e deterritorializzazione che ha luogo all’interno della spazialità mediterranea in quanto categoria, si rende possibile il dispiegarsi di quel patto mimetico (in crisi nella Contemporaneità) secondo cui essa, intrinsecamente contestuale, è funzione ed espressione della città”. (pag. 24)
  • “La condizione postmoderna della periferia necessita quindi di nuovi descrittori, nuove figure capaci di tenere insieme tanto la sfera locale quanto quella globale. Queste non sono più figure urbane unitarie, né figure urbane complesse ma figure instabili, appartenenti ad una dimensione ibrida che oscilla tra architettura, città e paesaggio”. (pag. 40)
  • “Con il progetto per l’Acropoli, Schinkel riesce a dimostrare (così come Piranesi con il Campo Marzio) che il passato non offre nessun insegnamento se l’invenzione non lo interpreta”. (pag. 55)
  • “É stato dimostrato tanto il valore instabile del classicismo dell’opera di Le Corbusier quanto la sua proliferazione manifestamente eterodossa; secondo Ignasi de Solà Morales infatti: “Il classicismo [in Le Corbusier] è un risultato finale,Il compimento di uno sforzo, la vittoria su un disordine iniziale sul quale lo spirito umano è capace di stabilire il proprio dominio. […] La relazione dell’opera di Le Corbusier con la storia non è una relazione organica. Non c’è in essa alcun senso della tradizione, […]. Al contrario, il passato può essere riesaminato, ma con la lucidità di chi sa che le cose non stanno più come prima e che, dunque, ogni analogia o imitazione ha soltanto valore di esempio, di caso particolare in un processo di conferma empirica […]. Si spezza dunque ogni possibile concezione della storia che non sia distante e in un certo senso operativa”. (pag. 57)
  • “In ultima analisi, l’«equifunzionalità tra soggetto e mito» proposta da R. Genovese dimostra che l’esistenza, all’interno della modernità, di elementi di premodernità non costituisce una ricaduta regressiva, ma l’impossibilità di liquidarne il nucleo profondo. È questo il motivo per cui anche Le Corbusier ha bisogno di ricorrere alla storia come canovaccio su cui i tipi in quanto elementi stabili possano proiettarsi, ibridarsi e divenire instabili ; essi non sono più pure forme  (in quanto il concetto di forma sottintenderebbe la presenza di un significato), ma meccanismi di una metafora più ampia in cui tipo e soggetto, premodernità e modernità convivono in una perenne oscillazione che rimanda continua-mente dall’uno all’altro”. (pag. 114)
  • “Parlare del passato era diventato l’unico modo, dopo la tragedia della guerra civile, di riuscire a parlare di futuro; allo stesso modo scava la terra trasformandola in un cretto lastricato per la canalizzazione dell’acqua piovana, un’operazione ingegneristica e utilitaria fatta con la stessa téchne che diluisce e sublima i confini che ha conosciuto sull’Acropoli, nei monasteri bizantini o nelle case dell’Epiro”. (pag. 126)

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